Un estratto dal libro di Marco Pontoni In Umbria – un viaggio sentimentale fra San Francesco e Bob Dylan (per non dire degli altri), Bertoni ed., 2025.

Il santo uno e trino


Ho incontrato Francesco tre volte, in tre luoghi diversi, attraverso tre persone diverse: un’amante degli animali, un rivoluzionario, una mistica.

L’amante degli animali è una donna di mezza età, il fisico asciutto, un legno ben temprato, il viso spigoloso di chi si è esposta a molte correnti nella vita. È a Gubbio, nel suo balcone più spettacolare, piazza Grande, o della Signoria, la “piazza pensile” affacciata sul borgo sottostante e sulla valle del Tevere. Quella dove si svolge l’alzata dei Ceri, uno dei momenti più emozionanti della festa dedicata al patrono cittadino, sant’Ubaldo, il 15 di ogni maggio.

L’amante degli animali ha un cane con sé, un pastore tedesco. Mentre mi chiedo se per caso non sia anche lei tedesca mi chino ad accarezzarlo sotto il mento. Manu mi ha detto che è questo il modo giusto per approcciare un animale sconosciuto, non calargli una mano sul capo, gesto dal quale potrebbe sentirsi minacciato, ma avvicinandolo dal basso, e in questo modo facendogli vedere che la mano non ha intenzione di colpirlo o afferrarlo.

Lei saluta in italiano: «Buongiorno. Non le fanno paura, vedo.»

«I cani? No.»

«Ne ha anche lei?»

«Due gatte, per la verità.»

«Capisco. Lei è affascinato dai felini. E con gli animali selvatici

in generale? Anche con loro nessun problema?»

Mi dico che ha proprio voglia di fare conversazione, perciò rilancio, visto che va anche a me.

«Da dove arrivo io ci sono gli orsi. Non ne ho mai visti, comunque.»

«Peccato.»

«Peccato? Forse è stata fortuna.»

«Qui non li incontrerà di certo. E non vedere un animale così maestoso in libertà, secondo me è un peccato.»

«Ci rifletterò. Anzi, guardi, ci ho già riflettuto. Ha ragione.»

«Lei sembra una persona molto seria.»

«Seria? In che senso?»

«Nell’unico senso che c’è. Una persona che ragiona, che si concentra prima di rispondere.»

«Sono un po’ pesante, l’ammetto.»

«Ne è contento?»

In pochi secondi, siamo già scivolati nell’intimità. È questo che rende certi incontri speciali. Si sfronda il superfluo, si va dritti al cuore delle cose.

«Vorrei essere un po’ più leggero, a volte — ammetto — ma ci riesco solo a momenti. Non è semplicemente una questione di volontà. Appartengo alla sfera del pesante. E infatti mi affascina la storia, materia pesante per eccellenza. Anche qui: Etruschi a ovest, Umbri a Est. Poi i Romani, che alla fine hanno conquistato tutto. La civiltà dei grandi poeti in lingua latina. Ecco, in certi giorni ogni cosa mi parla del passato. Le pietre, le rovine archeologiche, gli affreschi. Il passato che ci pesa sulle spalle, ci segna, ci schiaccia. Ma adesso, nella società informatica, la società dei bytes, delle memorie elettroniche, delle chiavette usb, il passato è diventato più leggero di una piuma. Non penso sia un

bene, in ogni caso.»

Cominciamo a passeggiare, lei tenendo il cane al guinzaglio, io con le mani infilate nelle tasche. Non ha ancora commentato. Forse non ha capito niente della mia tirata.

«Lei invece, da dove parte il suo amore per i cani?» butto lì. Voglio provare a farla venire allo scoperto, e non so come fare altrimenti che così.

Risponde con un’altra domanda. «Sia gentile, mi dica ancora degli orsi.»

«Cosa vuole sapere? Erano quasi estinti, nella regione alpina in cui vivevo. Li avevano sterminati. Poi è partito un progetto europeo, e ce li hanno riportati, dalla Slovenia.»

«Come fate a gestirli?»

«Non è facile. Le nostre sono montagne molto abitate. È difficile far convivere residenti, turisti e grandi carnivori.»

«Capisco. Ci vuole rispetto. Rispetto per la natura.»

«Gli uomini dovrebbero fare più attenzione, ma, sa, l’uomo contemporaneo non vuole rispettare nessun limite. Vuole andare dappertutto, fare tutto. Si figuri se fa attenzione alle piante o agli animali selvatici.»

«E l’orso? Cosa dovrebbe fare l’orso?»

«L’orso dovrebbe stare alla larga dall’uomo. Scappare, se lo vede. L’orso, e anche il lupo. Invece sempre più spesso questi animali entrano in confidenza con gli esseri umani. Lo fanno soprattutto per cercare da mangiare, sanno che vicino agli uomini è facile trovarne. Ma…»

«Ma?»

«Ma alla fine l’uomo è quello che ha le responsabilità maggiori. L’animale segue l’istinto. L’uomo invece può ragionare, può fare delle scelte. Ad esempio, può fare sentire la sua presenza quando va nel bosco. Perché sono nati i canti di montagna? Perché la gente ci teneva così tanto a cantare, mentre camminava e sudava? Ci pensi.»

Senza che me accorgessi, siamo usciti dal perimetro urbano.

Ci siamo inoltrati lungo un sentiero, all’ombra di grandi querce. Gli uccelli trillano dappertutto, come mi piacerebbe distinguerli dai loro versi. Ma non so riconoscere neanche un passero.

«Io considero Francesco il primo esempio di antispecista», butta lì, alla fine.

«Anti…cosa?»

«Antispecista. Mi pare non sappia cosa vuol dire.»

«Non proprio, però lo intuisco.»

«La specie, sa cos’è. La specie umana, le varie specie animali. Antispecista è chi pensa che tutte le specie siano sullo stesso piano. Che abbiano la stessa dignità. E gli stessi diritti. Che l’uomo non sia una specie superiore, a cui tutte le altre sono sottomesse.»

«Lei di Francesco dice così per via dell’episodio del lupo.»

«Sì. Oh, so bene che Francesco è lontanissimo dal pensarla come un antispecista dei giorni nostri. È un uomo vissuto nel 1200. Però, quello del lupo di Gubbio è uno degli episodi più conosciuti della sua vita. Significherà pur qualcosa.»

«Lo conosco solo in maniera superficiale, come tutti.»

«La fonte è un capitolo dei Fioretti, il Ventunesimo.»

«Non so cosa siano.»

«I Fioretti sono stati uno dei libri più popolari della letteratura italiana. Non sono un’opera di Francesco, sono stati raccolti molto dopo la sua morte. E non sono un documento storico, sono un insieme di racconti quasi fiabeschi. Sono intrisi di poesia. Ma al tempo stesso sono semplici. Per questo sono diventati così famosi. Riflettono il modo con cui la gente comune ha ricordato per secoli Francesco e le sue opere.»

«Capisco. Se parliamo di poesia, il tutto mi è più familiare.»

«Allora, il lupo. Glielo ricordo: va bene?»

«Certo.»

«Un giorno Francesco arriva a Gubbio, e trova i cittadini terrorizzati da un lupo feroce ed enorme, che non solo mangia le

bestie dei pastori, mangia anche uomini.

Spesse volte — dice il Fioretto — s’appressava alla cittade, e tutti andavano armati quando uscivano della cittade, come se eglino andassero a combattere, e contuttociò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo; e per paura di questo lupo e’ vennero a tanto che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra.

Francesco, che ha compassione per queste persone, che vivono quasi come prigioniere in casa loro, decide di andare a incontrare la bestia, ‘benché li cittadini al tutto non gliel consigliavano: e facendosi il segno della santissima Croce, uscì fuori della terra egli coi suoi compagni, tutta la sua confidenza ponendo in Dio. E dubitando gli altri d’andare più oltre, san Francesco prese il cammino inverso il luogo dov’era il lupo.’

Chiaro, no? Neanche i suoi compagni se la sentono di seguirlo. Lui da solo si avvia, fino a incontrarlo, il lupo, dalle parti della chiesa della Vittorina. La bestia si avvicina, con le fauci spalancate. Che momento.»

«Molto intenso.»

«E Francesco gli dice: ‘Vieni qui, frate lupo; io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me, né a persona’. Il lupo chiude la bocca, ‘mansuetamente, come un agnello, e gittossi ai piedi di san Francesco a giacere.’ Capisci? Si butta ai piedi del santo mansueto come un agnello.

Che cosa c’è di importante in questa storia? Primo: Francesco col lupo ci parla. Lo tratta come una creatura in grado di capire. E di conseguenza, non gli risparmia niente, sa che il lupo ha fatto del male, e glielo sbatte in faccia, gli dice che meriterebbe di essere punito, nella maniera peggiore. ‘Tu fai molti danni in queste parti, hai fatti grandi malefici, guastando e uccidendo le creature di Dio, senza sua licenza: e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere gli uomini, fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu degno se’ delle forche come ladro e omicida pessimo.’

Secondo: Francesco dà anche una spiegazione alla ferocia del lupo, dice che il lupo si comporta così perché ha fame, non perché è cattivo, non per un difetto della sua natura. ‘Io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male.’

Terza cosa: propone alla gente di Gubbio un patto. Voi sfamerete il lupo, e in cambio il lupo smetterà di mangiare voi e i vostri animali. Per suggellare questo patto chiede al lupo l’equivalente della firma che oggi si mette sui trattati di pace, gli chiede di porgere la zampa.

Ma Francesco coglie anche l’occasione per una predica. Dice in pratica: il lupo poteva mangiarvi, ma guardate che la morte non è la cosa peggiore. La cosa peggiore che può succedervi è la dannazione, che significa morte per l’eternità. ‘E troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ha da durare eternalmente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo; quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca di uno piccolo animale?’

Così, non solo Francesco porta la pace immediata, terrena, fra la comunità di Gubbio e chi la sta perseguitando, e ci dice: fare la pace è possibile, se si rinuncia ai sentimenti di vendetta, se si prova a venire a patti con l’aggressore, pur senza dimenticare il male che ha fatto, anzi. Francesco sfrutta la circostanza per proporre agli uomini una sfida più alta, quella di una vita all’insegna del bene e della penitenza. E il premio in questo caso non è semplicemente la loro sicurezza, il fatto che non verranno più sbranati. È la vita eterna nella gloria del Signore.»

Si ferma, aspettando che il cane finisca di annusare in giro. Raccontata così, la storia del lupo di Gubbio mi sembra piena di insegnamenti. L’avevo sempre vista come una storiella per bambini. Soprattutto, trovo sia molto attuale la questione del fare la pace. Anche con una creatura crudele, che ha inflitto sofferenze indicibili alle famiglie del borgo.

Solo una cosa non mi convince pienamente. L’antispecismo.

«Francesco però non dice che uomini e animali sono uguali. Sullo stesso piano, intendo. Se non altro perché l’uomo ha un’anima, un animale ne dubito.»

«No, certo. Ma è già importante che la risposta di Francesco non sia stata: uccidiamolo. È quello che si fa oggi con gli animali selvatici. Francesco è un santo, e per i cristiani la sua importanza va molto al di là di questo episodio. Per me, però, e per chi ama gli animali, è bellissimo pensare che un santo abbia trovato il tempo di chinarsi su una bestia e parlarle. È un piccolo segno.»

«Di cosa?»

«Del fatto che un altro mondo è possibile. Un mondo in cui uomini e animali possono avere rispetto gli uni degli altri. Un mondo in cui la natura è qualcosa di diverso rispetto a uno scaffale del supermercato, da cui si può impunemente prendere e prendere e prendere. Un mondo così sarebbe senz’altro migliore di questo, non crede?»


(continua…)

Marco Pontoni

L’anima letteraria del B&B e una somiglianza quasi imbarazzante con Il Professore della “Casa de Papel”, famosa serie tv. Giornalista, scrittore, intrattenitore, ma anche, all’occorrenza, uomo dalle mille risorse. Le parole, per lui, hanno un valore altissimo, soprattutto quando vengono date.

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